Galateo LinkedIn: il decalogo

Il team di Galateo LinkedInAvevo avuto già modo di parlare di Galateo LinkedIn e del tentativo di creare un insieme di consigli per l'utilizzo consapevole del social network professionale per eccellenza. Dopo mesi di discussioni, confronti, presentazioni, eventi e chi più ne ha più ne metta, finalmente il team promotore, capitanato dalle due founder Valentina Marini e Giada Susca, ha presentato il decalogo in questione.

L'evento, svoltosi il 12 dicembre presso la nuova sede di Reale Mutua a Torino, è stato, come ha detto il moderatore Alessandro Donadio, "Uno dei casi più importanti di collaborazione finalizzata all'educazione digitale". In effetti il lavoro è stato impressionante e il risultato lo è altrettanto. 

Ecco dunque "Le “1+10 buone maniere per il mondo digitale lavorativo”

  1. Quality is king.

Sono io il responsabile dei contenuti che propongo su Linkedin. Se presto attenzione alla qualità di quello che scrivo e verifico le fonti di ciò che condivido, creo un mondo digitale migliore e porto valore al mio personal branding. 

I FONDAMENTALI

  1. L’importante è partecipare.

Se ho un profilo Linkedin ma sto alla finestra, non succede nulla. Se invece partecipo attraverso un’attività costante, metto in circolo valore e opportunità: per me e per l’intero network.

  1. LinkedIn non è Facebook.

Sono su una piattaforma professionale, il cui perimetro è il lavoro. Richiedo collegamenti, presento progetti, commento articoli, valuto posizioni aperte: indovinelli, meme e selfie stanno bene altrove. 

  1. La forma è sostanza.

Su LinkedIn non siamo amici: al massimo colleghi. Perciò mi esprimo in tono pacato e assertivo, nel rispetto delle norme di buona condotta di un contesto lavorativo. Non aggredisco, non insulto, non “blasto”.

LA MIA IDENTITA’ NELLA RETE PROFESSiONALE

  1. La vetrina cattura.

La headline è la prima chance che ho per esprimere professionalità. In modo sintetico, senza descrizioni enigmatiche, evidenzio il mio ambito di competenza e le mie esperienze, valorizzando le parole chiave utili per i motori di ricerca.

  1. Il racconto funziona.

Uso il riepilogo per raccontarmi in modo efficace e professionale, caratterizzandomi al meglio ma senza dimenticare di essere me stesso. Perché anche l’autenticità fa curriculum.

  1. L’immagine è parte del racconto.

Per il profilo, scelgo una fotografia aggiornata, adeguata a un contesto professionale e coerente con il mio obiettivo lavorativo.

LA RELAZIONE CON GLI ALTRI

  1. Ogni conversazione è un’opportunità.

Dietro ogni scambio può esserci una collaborazione, una persona di valore, un lavoro, uno scambio di idee. Per questo sono trasparente, aperto e collaborativo in ogni relazione che instauro.

  1. L’ascolto viene prima di tutto.

Prima di intervenire nelle discussioni o interagire, è opportuno capire. Investo un po’ del mio tempo per analizzare il contesto, le informazioni, l’identità degli interlocutori.

  1. Il perché guida le relazioni.

Quando invio una richiesta di collegamento, la personalizzo spiegandone il motivo. E quando ricevo unarichiesta, la valuto sempre.

  1. La reputazione è la moneta del presente.

Siamo tutti qui per costruire relazioni autentiche. I feedback positivi sono i benvenuti; gli endorsement da o per sconosciuti, no.

Quello su cui vorrei soffermarmi (per i dettagli rimando all'ottimo articolo scritto su LinkedIn - e dove sennò? - da Valentina) è il primo articolo del decalogo: "Quality is king", che fa un po' il verso alla famosa frase di Bill Gates ("Content is king"), ma che racchiude un concetto molto importante: non conta solamente il contenuto in se, ma anche la qualità e il valore dello stesso. E questo è vero più che mai sui social network, in particolare su quelli professionali dove noi dovremmo dare la nostra immagine lavorativa, quella più "seria" (attenzione! Ho detto "Seria", non "seriosa") e affidabile. La deriva verso cui ci stiamo avviando è quantomeno sconveniente, se non pericolosa, e mettersi a rileggere e a pensare a quello che si è scritto, prima di cliccare sul pulsante "send", è sicuramente una pratica che potrebbe farci distinguere da quel "rumore di fondo" che sta rovinando la community internettiana.

Durante l'evento è stata presentata anche un'altra bella iniziativa "gemella": Parole O_Stili, progetto di sensibilizzazione contro l’ostilità delle parole, che si prefigge di educare alla scrittura consapevole in Rete.

È forse davvero tornato il tempo di rispolverare nelle scuole quella "educazione civica" che i più attempati (come me, purtroppo) ricordano quasi con nostalgia? Beh, forse aggiornandola un po' e aggiungendole una bella dose di digital, l'idea sarebbe davvero ni

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