Galateo LinkedIn: il decalogo
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- Creato Venerdì, 15 Dicembre 2017 10:12
- Scritto da Fabrizio Maddalena
Avevo avuto già modo di parlare di Galateo LinkedIn e del tentativo di creare un insieme di consigli per l'utilizzo consapevole del social network professionale per eccellenza. Dopo mesi di discussioni, confronti, presentazioni, eventi e chi più ne ha più ne metta, finalmente il team promotore, capitanato dalle due founder Valentina Marini e Giada Susca, ha presentato il decalogo in questione.
L'evento, svoltosi il 12 dicembre presso la nuova sede di Reale Mutua a Torino, è stato, come ha detto il moderatore Alessandro Donadio, "Uno dei casi più importanti di collaborazione finalizzata all'educazione digitale". In effetti il lavoro è stato impressionante e il risultato lo è altrettanto.
Ecco dunque "Le “1+10 buone maniere per il mondo digitale lavorativo”
- Quality is king.
Sono io il responsabile dei contenuti che propongo su Linkedin. Se presto attenzione alla qualità di quello che scrivo e verifico le fonti di ciò che condivido, creo un mondo digitale migliore e porto valore al mio personal branding.
I FONDAMENTALI
- L’importante è partecipare.
Se ho un profilo Linkedin ma sto alla finestra, non succede nulla. Se invece partecipo attraverso un’attività costante, metto in circolo valore e opportunità: per me e per l’intero network.
- LinkedIn non è Facebook.
Sono su una piattaforma professionale, il cui perimetro è il lavoro. Richiedo collegamenti, presento progetti, commento articoli, valuto posizioni aperte: indovinelli, meme e selfie stanno bene altrove.
- La forma è sostanza.
Su LinkedIn non siamo amici: al massimo colleghi. Perciò mi esprimo in tono pacato e assertivo, nel rispetto delle norme di buona condotta di un contesto lavorativo. Non aggredisco, non insulto, non “blasto”.
LA MIA IDENTITA’ NELLA RETE PROFESSiONALE
- La vetrina cattura.
La headline è la prima chance che ho per esprimere professionalità. In modo sintetico, senza descrizioni enigmatiche, evidenzio il mio ambito di competenza e le mie esperienze, valorizzando le parole chiave utili per i motori di ricerca.
- Il racconto funziona.
Uso il riepilogo per raccontarmi in modo efficace e professionale, caratterizzandomi al meglio ma senza dimenticare di essere me stesso. Perché anche l’autenticità fa curriculum.
- L’immagine è parte del racconto.
Per il profilo, scelgo una fotografia aggiornata, adeguata a un contesto professionale e coerente con il mio obiettivo lavorativo.
LA RELAZIONE CON GLI ALTRI
- Ogni conversazione è un’opportunità.
Dietro ogni scambio può esserci una collaborazione, una persona di valore, un lavoro, uno scambio di idee. Per questo sono trasparente, aperto e collaborativo in ogni relazione che instauro.
- L’ascolto viene prima di tutto.
Prima di intervenire nelle discussioni o interagire, è opportuno capire. Investo un po’ del mio tempo per analizzare il contesto, le informazioni, l’identità degli interlocutori.
- Il perché guida le relazioni.
Quando invio una richiesta di collegamento, la personalizzo spiegandone il motivo. E quando ricevo unarichiesta, la valuto sempre.
- La reputazione è la moneta del presente.
Siamo tutti qui per costruire relazioni autentiche. I feedback positivi sono i benvenuti; gli endorsement da o per sconosciuti, no.
Quello su cui vorrei soffermarmi (per i dettagli rimando all'ottimo articolo scritto su LinkedIn - e dove sennò? - da Valentina) è il primo articolo del decalogo: "Quality is king", che fa un po' il verso alla famosa frase di Bill Gates ("Content is king"), ma che racchiude un concetto molto importante: non conta solamente il contenuto in se, ma anche la qualità e il valore dello stesso. E questo è vero più che mai sui social network, in particolare su quelli professionali dove noi dovremmo dare la nostra immagine lavorativa, quella più "seria" (attenzione! Ho detto "Seria", non "seriosa") e affidabile. La deriva verso cui ci stiamo avviando è quantomeno sconveniente, se non pericolosa, e mettersi a rileggere e a pensare a quello che si è scritto, prima di cliccare sul pulsante "send", è sicuramente una pratica che potrebbe farci distinguere da quel "rumore di fondo" che sta rovinando la community internettiana.
Durante l'evento è stata presentata anche un'altra bella iniziativa "gemella": Parole O_Stili, progetto di sensibilizzazione contro l’ostilità delle parole, che si prefigge di educare alla scrittura consapevole in Rete.
È forse davvero tornato il tempo di rispolverare nelle scuole quella "educazione civica" che i più attempati (come me, purtroppo) ricordano quasi con nostalgia? Beh, forse aggiornandola un po' e aggiungendole una bella dose di digital, l'idea sarebbe davvero ni
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